PSICHICA

Sono appassionata di Astrologia, Alchimia interiore, Psiche umana.
Ho sempre esplorato e fatto tesoro del mio mondo onirico. Così ho imparato a conoscerne il linguaggio simbolico.
Credo che non ci sia niente di prioritario quanto l'acquisire consapevolezza.
Raccolgo qui alcuni miei articoli per condividerli.

borislava Lilkova genova

SINCRONICITA'

Quando gli eventi parlano un linguaggio invisibile...

Hai mai avuto la sensazione che qualcosa “accadesse per un motivo”? Che una coincidenza fosse troppo perfetta per essere solo un caso? In questo articolo esploriamo il fenomeno della sincronicità: quegli incontri, segnali e momenti simbolici che ci fanno intuire un disegno più grande. Non è magia, ma un diverso modo di percepire il tempo, il significato e la connessione tra il nostro mondo interiore e ciò che ci accade intorno.

borislava Lilkova genova

tornare a sentire

Il vero karma, l’unico da cui partono tutte le nostre dinamiche, è quello familiare. Non serve andare in altre vite per comprendere chi siamo. Serve capire cosa ci è accaduto davvero, dare voce al nostro bambino interiore e iniziare a vedere le emozioni per quello che sono: risposte autentiche a qualcosa di reale.

borislava Lilkova genova

la maschera che ci separa da noi stessi

Non possiamo essere liberi finché non vediamo ciò che ci tiene prigionieri. E spesso a tenerci incastrati non è qualcosa di esterno, ma la maschera che indossiamo da sempre per sentirci accettati. Jung la chiamava “Persona” e smascherarla è uno dei passaggi più potenti – e dolorosi – del viaggio verso sé stessi.

borislava Lilkova genova

le porte della psiche: inconscio, ombra e persona

La Persona è la maschera sociale che ci permette di interagire con il mondo. Dietro di essa si cela l’Ombra: l’insieme degli aspetti oscuri e repressi della nostra personalità. Non affrontarla significa proiettarla sul mondo esterno, trasformando gli altri nello specchio del nostro rimosso.
L’incontro con l’Ombra è la prima tappa della crescita interiore, ma è difficile, incontra resistenze. Solo riconoscendo ciò che di oscuro ci abita possiamo evitare di diventarne schiavi inconsapevoli.

Borislava Lilkova Genova

SINCRONICITA'

Potremmo definirla come una coincidenza… ma non una coincidenza qualunque.
La sincronicità è l'incontro tra due o più eventi che, pur non essendo legati da una causa evidente, si manifestano insieme in modo così significativo da sembrare guidati da un senso profondo.
Secondo Carl Gustav Jung, che per primo ha reso questo concetto centrale nel suo pensiero:“La sincronicità è un principio attivo nel mondo, che fa sì che le cose accadano insieme, o si comportino come se fossero collegate, pur non essendolo nel senso causale.”
In altre parole, due eventi che sembrano casuali, improvvisamente assumono un significato personale, lasciandoci con la sensazione che “qualcosa” abbia orchestrato quell'incontro o quel momento.
IL SIMBOLO: ponte tra visibile e invisibile
La sincronicità spesso si manifesta attraverso simboli.
Simboli universali, archetipici... ma anche simboli personali, unici, nostri. Qualcosa che solo noi possiamo riconoscere come “messaggio”, come segnale.
Nella mia esperienza, ogni sincronicità è come uno squarcio nel tempo lineare.
Per un attimo, ci sentiamo in un “campo unificato”, dove il dentro e il fuori si parlano.
È come entrare in uno spazio sacro, dove la realtà sembra prendere una forma diversa, più vera.
Un luogo dove la mente razionale cede il passo alla visione simbolica.
UNA MAPPA, non un oracolo:
io amo immaginare la sincronicità come una mappa del tesoro.
Non ci dice esattamente dove andare, ma ci mostra che stiamo camminando su un sentiero che ha senso.
Che ciò che accade ha un senso, anche se non lo capiamo subito.
In quel momento, sentiamo che c'è un filo invisibile che unisce le cose: eventi, pensieri, persone, intuizioni.Non è magia...
O forse sì, ma una magia che ci aiuta a riconoscere il significato nascosto dentro le cose semplici.
Anche le arti divinatorie – dai tarocchi all’I Ching – si fondano sul principio di sincronicità.
Non si tratta di prevedere il futuro, ma di entrare in uno stato di ascolto profondo, in cui il microcosmo dell'individuo incontra il macrocosmo dell’universo.
In questo spazio si creano connessioni: a volte riceviamo un segno nel momento esatto in cui ne abbiamo bisogno. Altre volte, un sogno premonitore si avvera. E non possiamo ignorare la sensazione che quello che è accaduto aveva un senso preciso per noi.Come dice Jung, sono eventi che “superano ogni probabilità statistica”. Eppure accadono. E ci cambiano.TAO, alchimia e il mandala
Jung accostava la sincronicità al concetto cinese di Tao, l’unità degli opposti: Yin e Yang.
Così come nell'alchimia si dice “Come sopra, così sotto”, anche qui si parla di una connessione tra il mondo interiore e quello esteriore.
La psicologia junghiana cerca l’integrazione degli opposti – conscio e inconscio – e punta a riallineare l’ego con il Sé.
In questo processo, la sincronicità gioca un ruolo chiave. Non si procede in linea retta, ma per movimenti circolari, come in una danza.
Il simbolo del mandala, centrale nel pensiero di Jung, rappresenta proprio questo: un cerchio sacro, con al centro un’immagine – il sole, un fiore dorato, un castello – che racchiude l’essenza dell’unità.
Trovare il proprio mandala interiore significa ritrovare il centro del proprio essere.
C’è qualcosa di eterno nella sincronicità.
Qualcosa che ci fa sentire connessi a un disegno più grande.
Ci fa dire: "Non può essere solo un caso..."
E in effetti, non lo è. Ma solo certe volte. Non è nemmeno sano vedere tutto come un' evento sincronico. E' importante a mio avviso dire che non c'è una accezione positiva o negativa in una sincronicità. Queste accadono e basta ma non forniscono una guida. E' raro che questo accada.
E' importante sempre restare coi piedi per terra.
La causalità spiega il mondo secondo una logica lineare: un evento causa un altro.
La sincronicità, invece, riconosce che alcuni eventi sono connessi non perché uno causa l’altro, ma perché accadono nello stesso tempo e hanno un significato.
Non c’è una legge statistica in grado di spiegarlo.
Ma dentro di noi… lo sappiamo.
Lo sentiamo.
Ciò nonostante, sempre secondo me, non si può negare nemmeno la presenza della causalità. Quindi è bene farne un discorso inclusivo, qualcosa che si trascende ed include e si amalgama,l termine “sincronicità” viene dal greco:
“syn” = insieme
“kronos” = tempo
→ Accadere insieme nel tempo.
La sincronicità talvolta ci può ricordare di ascoltare un’intelligenza più profonda di quella conscia che è contaminata dai nostri condizionamenti.
La sincronicità ci fa intuire che tutto è connesso.
Che c’è un senso, anche nel caos.

Borislava Lilkova Genova

l'istinto

Guarire il bambino interiore: il vero karma è famigliareLa maggior parte di noi non è stata veramente amata.
E non per cattiveria o mancanza di intenzione, ma perché nemmeno i nostri genitori sono stati amati davvero.
Ci è mancato uno sguardo che ci vedesse, una presenza che ci riconoscesse, una voce che ci legittimasse.
E questo, nel tempo, ha creato una scissione interna, una distanza da noi stessi e dai nostri reali bisogni.
È qui che nasce il vero karma, quello che conta davvero.
Non quello astratto, legato a incarnazioni lontane, ma quello familiare.
Il campo energetico, psichico e relazionale in cui siamo cresciuti.
E da cui, se vogliamo evolvere, dobbiamo prima separarci psichicamente.
♇ La casa 8: il taglio necessario
In astrologia psicologica, questo processo viene rappresentato con chiarezza.
La casa 8, governata dallo Scorpione, è la casa delle trasformazioni profonde, dei tagli simbolici, delle morti interiori.
È lì che avviene il distacco necessario dal sistema familiare.
Il taglio del cordone psichico.
Solo attraversando questa soglia possiamo poi accedere alla casa 9 (Sagittario), dove cominciamo a intravedere la nostra vocazione, il senso più ampio del nostro cammino.
E solo da lì possiamo poi arrivare alla casa 10 (Capricorno), dove possiamo incarnare e portare nel mondo chi siamo diventati, con maturità, coerenza e radicamento.
Ma il passaggio nella casa 8 è duro.
Perché ci chiede di guardare in faccia ciò che ci è mancato, senza più difese.
Ricordare, sì. Ma anche capire.
Non è sufficiente ricordare.
È fondamentale capire.
Capire che le emozioni che oggi ci abitano hanno inneschi precisi, spesso antichi, e che quegli inneschi hanno nomi e cognomi.
Molte delle emozioni che sentiamo non sono “nostre” nel presente, ma vengono da ferite che non abbiamo mai potuto sentire fino in fondo.
Senza questa comprensione, rischiamo di proiettare continuamente il nostro dolore su chi ci circonda, in un ciclo che ripete e ripete senza guarire mai.Il bambino interiore: tra rabbia e innocenza...
Il nostro bambino interiore non ha bisogno che qualcuno gli spieghi come si sente.
Ha bisogno di essere creduto.
Ha bisogno che qualcuno, finalmente, stia dalla sua parte.
Che legittimi la sua rabbia, la sua delusione, il suo dolore. Ma anche la sua innocenza.
Solo così possiamo smettere di agire nel mondo in modo inconsapevole, mietendo ferite attorno a noi con un comportamento contaminato da ciò che ci hanno fatto credere.
Solo così possiamo recuperare il nostro istinto — quello autentico, non quello addomesticato dal bisogno di essere amati a tutti i costi.
Riconnettere l’emozione alla sua origine...
La nostra psiche ha una capacità immensa di rimozione.
Rimuove per proteggerci.
Ma arriva un momento in cui ricordare diventa vitale, perché ciò che è stato rimosso continua ad agire sotto traccia, manifestandosi in ogni dinamica relazionale.
Riconnettere l’emozione alla sua vera causa è un atto di guarigione.
È dare un nome a ciò che è accaduto.
È vedere i nostri genitori come realmente sono stati, senza più mitizzazioni.
È riconoscere che forse ci siamo sentiti invisibili, non ascoltati, non visti, e che questo ha costruito dentro di noi una narrazione di indegnità che non è mai stata nostra.
Il ritorno all’istinto...
Finché non liberiamo l’istinto da sotto la coltre di dolore emotivo, non possiamo scegliere diversamente.
Continueremo ad attrarre situazioni che replicano ciò che abbiamo già vissuto.
Non perché siamo “condannati”, ma perché la nostra bussola interiore è bloccata nel passato.
Quando cominciamo a sentire davvero — a ricordare, a capire, a dare significato — qualcosa si riallinea.
Lo chiamiamo guarigione, ma è riconoscimento.
È verità.
È libertà.
E allora sì, possiamo finalmente non solo amare, ma essere amati davvero.
Non perché qualcuno ci salvi, ma perché noi per primi abbiamo scelto di restare con noi stessi, nella parte più fragile, più antica, e più vera.

Borislava Lilkova Genova

la persona

Fin da piccoli abbiamo imparato che per essere amati, o almeno tollerati, dovevamo interpretare un ruolo.
Un ruolo fatto di compiacenza, autocensura, obbedienza, adattamento.
Un ruolo che ci siamo cuciti addosso così bene da dimenticare che si trattava solo di un costume.
E oggi lo indossiamo ancora, confondendolo con noi stessi.
Jung lo chiamava Persona: è la maschera che indossiamo per apparire adeguati, funzionali, amabili.
È ciò che mostriamo al mondo per essere accettati.
Ma non è chi siamo.
La persona nasce come necessità. Serve per sopravvivere in un mondo che non sempre accoglie ciò che siamo davvero.
Nessun bambino nasce con la consapevolezza del suo Sè: ci si forma nel tempo, a partire dall’ambiente.
E quando l’ambiente non sa amare — perché a sua volta non è stato amato — ciò che impariamo è che alcune parti di noi vanno mostrate, altre nascoste.
È da lì che comincia il travestimento.
Ogni bambino capisce rapidamente che ci sono emozioni che portano allodi, e altre che portano rifiuto.
E così comincia a selezionarsi.
A recitare.
A smettere di sentire, per essere quello che serve.
Il problema è che, col tempo, non sappiamo più distinguere tra la maschera e il volto.
Il pericolo più grande, come scrive Jung, è identificarsi con la propria Persona.
Scambiare il ruolo per la realtà.
Credere che siamo davvero quella funzione sociale, quella posizione, quella immagine.
E tutto il resto — ciò che è vivo, profondo, contraddittorio, vulnerabile — viene sepolto, represso, dimenticato.
Ma la psiche non dimentica davvero.
Tutto ciò che viene escluso rientra da un’altra porta.
Forma ciò che Jung chiama Ombra: il lato rimosso della personalità, che torna in superficie sotto forma di sintomi, reazioni esagerate, autosabotaggi, vuoti interiori.
Quando la persona si sgretola — per un lutto, una crisi, un cambiamento radicale — ci troviamo di fronte a noi stessi, forse per la prima volta.
E quello specchio, come dice Jung, non lusinga.
Mostra il volto nudo.
Mostra ciò che non vogliamo vedere.
Eppure, solo attraversando questo passaggio, possiamo cominciare davvero a vivere.
Jung distingue tre possibili strade in questo momento di disintegrazione della maschera:Restaurazione negativa: fingere che nulla sia accaduto, tornare alla maschera, continuare a recitare.
Assenza: rimanere senza ruolo, ma anche senza ancoraggio, in uno stato di vuoto e isolamento.
Restauro consapevole: costruire una nuova Persona, questa volta non più a scapito del Sé, ma in connessione con esso.
Il vero passaggio sta proprio qui: non distruggere la Persona, ma smettere di identificarcisi.
Comprendere che è solo uno strumento, non la nostra verità.
Quante volte viviamo dentro ruoli che ci soffocano?
La madre perfetta, il professionista brillante, l’operatore spirituale, il partner affidabile.
Tutti ruoli che possono anche avere senso.
Ma se diventano tutto ciò che siamo, ci perdiamo.
E quando qualcosa nella vita ci toglie quel ruolo — perché le crisi arrivano sempre — ci troviamo davanti al nulla.
È qui che molti cadono.
È qui che alcuni si risvegliano.
Individuarsi significa liberarsi dalla maschera.
Non rinnegarla, ma guardarla negli occhi.
Ammettere che siamo molto di più, e molto oltre, rispetto a ciò che mostriamo agli altri.
Significa anche riconoscere ciò che ci è stato tolto, e ciò che ci è stato insegnato a dimenticare.
Perché finché non ricordiamo davvero — e non parlo di memoria intellettuale, ma di memoria emotiva — non possiamo nemmeno capire.
Riconoscere è anche capire.
Capire che quelle emozioni che ci abitano da sempre hanno radici.
E che spesso hanno nomi e cognomi.
Quasi sempre legati alle prime figure che ci hanno cresciuti, condizionati, formati.
Non è per accusare.
È per liberarsi.
Per farlo, però, bisogna legittimare la rabbia del nostro bambino interiore.
Legittimarne il dolore, la vergogna, la fame d’amore.
Perché se non stiamo dalla sua parte, finiremo per ferire altri.
Per ripetere lo schema.
Per perdere ogni contatto con la nostra bussola interiore, cercando validazione in ruoli che non ci somigliano più.
La Persona, se non riconosciuta, blocca il processo di individuazione.
Quel processo che Jung definiva il compito fondamentale dell’esistenza: diventare ciò che si è, al di là di ogni finzione.
Non si può individuarsi finché si continua a recitare.
Finché si crede, anche solo in parte, di essere "così e così".
Jung lo dice chiaramente:
"Si può ammettere praticamente tutto, eppure da qualche parte si conserva l'idea di essere comunque così e così... Tuttavia, questo funziona come un’influenza contro la vera individuazione."
Individuarsi è un processo incontrollabile, profondo e spesso destabilizzante.
Non lo si fa da soli, ma nessuno può farlo al posto nostro.
È un dialogo tra l’Io e l’inconscio, tra le parti sommerse e quelle visibili, tra l’eredità collettiva e la nostra voce individuale.
Quando cominciamo a porci la domanda:
“Chi sta parlando dentro di me?”,
sappiamo di essere finalmente sul sentiero giusto.
E se continuiamo a camminare, senza più fingere, qualcosa — o qualcuno — dentro di noi comincerà finalmente a respirare.

Borislava Lilkova Genova

Le Porte della Psiche

La psiche secondo Carl Gustav Jung è un universo multidimensionale che comprende una realtà esterna e una realtà interna. Comprendere i meccanismi della Persona e dell’Ombra è il primo passo del viaggio verso il Sé: un percorso irto di ostacoli, ma essenziale per la maturazione interiore.La Persona: la maschera che indossiamo per il mondo
Nel pensiero junghiano, la Persona è il volto pubblico che mostriamo alla società: la maschera sociale che assumiamo per adattarci, comunicare e sopravvivere nel mondo. È un compromesso tra ciò che siamo e ciò che gli altri si aspettano da noi.
"La Persona non è ciò che siamo, ma ciò che presentiamo come se lo fossimo."
Spesso ci identifichiamo così tanto con questa maschera da dimenticare la sua natura illusoria. Tuttavia, non è da demonizzare: essa ha una funzione adattiva e necessaria. Il problema nasce quando la maschera si salda al volto interiore, sostituendolo.
L’Ombra: il lato inaccettato della nostra psiche.
Dietro la maschera, si nasconde ciò che non vogliamo vedere: l’Ombra. È l’insieme degli aspetti della nostra personalità che il nostro Io cosciente rifiuta, ignora o reprime perché non accettabili socialmente o moralmente. L’Ombra è ciò che diciamo di non essere, ma che siamo.
L’Ombra non è sempre malvagia: contiene anche potenziali inespressi, talenti dimenticati, passioni negate. Ma finché non la affrontiamo, essa si manifesta attraverso la proiezione, spingendoci a vedere “negli altri” ciò che rifiutiamo di vedere in noi stessi.“Chi non diventa cosciente della propria Ombra, la proietta sugli altri: così, egli trasforma il mondo esterno in un riflesso del proprio inconscio.”
La resistenza all’incontro con l’Ombra
Affrontare l’Ombra significa assumersi la responsabilità delle proprie parti oscure: aggressività, invidia, gelosia, narcisismo, vanità, fragilità, paura. Per questo è uno dei passaggi più temuti nella psicologia junghiana. Ma senza questo passaggio, nessuna vera trasformazione può avvenire.
Il lavoro sull’Ombra è l’opera dell’apprendista. È la soglia che separa chi vuole conoscersi da chi preferisce la comodità dell’autoinganno. Non è un’impresa per tutti, ma è il primo atto del viaggio dell’eroe interiore.L’Ombra appartiene all’inconscio personale, ovvero l’insieme di contenuti rimossi, dimenticati o non sviluppati appartenenti alla propria biografia. Ma l’universo dell’inconscio non si ferma qui.Jung distingue l’inconscio personale dall’inconscio collettivo, un livello più profondo della psiche che non deriva dall’esperienza individuale, ma dall’eredità della specie umana. È qui che dimorano gli archetipi: strutture psichiche universali, presenti in ogni essere umano.L’Ombra può quindi avere sia contenuti personali (un trauma, una vergogna) che archetipici (un potere distruttivo o demoniaco ancestrale). L’incontro con l’Ombra è dunque anche l’inizio del contatto con gli archetipi, in particolare con quelli dell’Anima e dell’Animus.La soglia dell’avventura interiore
Se la Persona ci collega al mondo, è l’Ombra a indicarci dove si trova il portale dell’autenticità. L’incontro con essa segna l’inizio della vera avventura: un viaggio dal conosciuto all’ignoto, dall’esterno all’interno, dalla maschera al volto nudo dell’anima.
Solo chi ha il coraggio di riconoscere la propria Ombra può aspirare a integrare le energie superiori dell’Anima, dell’Animus e del Sé. È il primo, indispensabile passo della trasformazione interiore, l’ingresso nella dimensione mitica dell’individuazione.


Feugiat nisl

Gravida in aliquam

Feugiat vivamus at augue eget varius. Massa vitae tortor condimentum lacinia quis vel donec. Sed tristique purus vitae volutpat ultrices. Aliquam eu elit eget arcu commodo. Sed consequat purus vitae lorem.



Sem aliquam

Tellus vitae bibendum

Aliquam bibendum arcu vitae elementum curabitur vitae. Sem viverra aliquet lorem amet tellus lectus mauris. Adipiscing mi ac commodo aliquet ultricies.

Commodo

Adipiscing mi ac commodo aliquet ultricies viverra. Massa placerat duis ultricies lacus sed turpis sit fulminare justo veroeros etiam.

Thank you

Adipiscing mi ac commodo aliquet ultricies viverra. Massa placerat duis ultricies lacus sed turpis sit fulminare justo veroeros etiam.